La nostra arte non sarà uno strumento nelle vostre mani

Noi oggi non festeggiamo, ma costruiamo memoria. Vogliamo parlare di arte, di lavoro, di accademie e di trans-femminismo: temi apparentemente distinti, ma che diventa importante trattare in un’unica riflessione.

È facile ricordarsi di una data così conclamata come quella dell’8 marzo, è addirittura impossibile non farlo quando tutto ciò che ci circonda si trasforma improvvisamente in paladino dei diritti delle donne, dagli spot pubblicitari alle offerte nei supermercati.
Qui sorge il primo interrogativo, ha un senso ricordarsene in questo modo?
Ha senso vivere questa giornata da consumatori, in modo indotto e passivo, senza avviare da parte nostra una riflessione reale intorno al tema tanto invocato?

Le disuguaglianze di genere non sono che una delle tante facce di un’intera struttura sociale basata sulla disuguaglianza.
È facile agghindarsi con qualche piuma rosa, più difficile è cercare di de-costruire una narrazione che ha come primo e reale fine quello di perpetrare le disuguaglianze, di genere e non.
Per questo diventa più importante in quest’occasione imparare a riconoscere chi maschera il proprio tacito consenso alla disuguaglianza dietro manifestazioni apparentemente progressiste.
Troppo spesso la narrazione intorno a questi temi passa attraverso vere e proprie icone di quelli che, spacciandosi come programmi artistico-culturali, continuano a rappresentare mero intrattenimento, non utile alla crescita delle coscienze. L’attenzione a tematiche trans-femministe si fossilizza qui attorno all’icona che nonostante tutto “ce l’ha fatta”, l’identità e la struggente storia personale dell’icona prevaricano completamente qualsiasi possibile ragionamento.
Le problematiche rimangono insolute senza che ne esca intaccata la veste progressista di cui tali programmi amano ammantarsi.

Come studentə accademicə non possiamo non estendere ora la nostra riflessione ad una considerazione più ampia sul ruolo dell’arte in questo panorama.
L’arte è un linguaggio, veicola comunicazione, e in quanto tale rappresenta la voce di chi se ne può avvalere: per questo diventa importante capire di volta in volta quale parte della società si stia esprimendo tramite essa.
Considerando la nostra contemporaneità, è importante ricordare che nella Storia una narrazione altra dal basso è stata possibile e lo è tutt’oggi: sono innumerevoli gli artisti e le artiste che nell’arte hanno trovato uno strumento di legittimazione sociale e politica, attraverso linguaggi come la videoarte, il cinema sperimentale, la bodyart/arte performativa e altri. Linguaggi che in modo particolare tra gli anni Sessanta e Settanta hanno permesso  di raccontare la propria  versione degli eventi in modo diretto, di creare spazi fisici e virtuali, materiali e immaginari in cui fare controinformazione e dare voce alle varie istanze.

Nel momento presente la formazione artistica sta vivendo una forte tendenza all’elitarizzazione: le accademie pubbliche si trasformano in private, le rette schizzano alle stelle e l’espressione artistica si preclude ad una fascia sempre più ampia della nostra società.
La privatizzazione della formazione (artistica e non) che vediamo avanzare sotto i nostri occhi è un processo finalizzato, oltre che all’accumulo di capitale, a togliere la parola a chi non disponga di un patrimonio sufficientemente cospicuo.
Affinché i linguaggi artistici non siano appannaggio della classe sociale più abbiente è necessario arrestare la metamorfosi in atto, delle accademie in Talent-Show, ai quali sempre più queste vanno assomigliano.
La nostra è una società che spettacolarizza tutto, persino il trauma. Serve tornare a elaborare quel trauma per poter restituire una narrazione più sincera.

Davvero vogliamo lasciare le redini della narrazione in mano a chi più di tutti perpetra disuguaglianze?
Davvero vogliamo ridurre la lotta a mero spettacolo?
Prendendo spunto da questa giornata di lotta, invitiamo a riflettere sui contenuti reali della lotta alle disuguaglianze e sui linguaggi attraverso cui questa può o può non essere espressa.
L’8 Marzo scioperiamo perché la nostra è una lotta essenziale.