Questo venerdì in centinaia di piazze italiane ci sarà il Sesto Sciopero per il Clima, uno sciopero sicuramente diverso da quelli degli altri anni ma che nonostante il Covid-19 sta vedendo in tutto il paese tantissime e tantissimi strikers impegnati per organizzare una mobilitazione che sia forte e che garantisca la sicurezza di tutte e tutti e il rispetto delle norme contro il coronavirus.
Da quando siamo sces* in piazza per la prima volta un anno e mezzo fa, le tematiche ambientali sono entrate in maniera dirompente nel dibattito pubblico e per mesi sono state in grado di mobilitare milioni di persone e fare pressioni a governi e multinazionali: abbiamo iniziato a sentire sempre più dichiarazioni di leader nazionali e internazionali su Green New Deal e riconversione ecologica, si sono moltiplicati i tentativi di greenwashing da parte di aziende inquinanti, è stato introdotto nel nostro paese l’insegnamento dell’educazione ambientale nelle scuole.
Tutto questo dibattito e questa attenzione purtroppo non hanno visto delle azioni concrete che potessero garantire un cambio di rotta, anzi le poche cose che sono state fatte vanno in direzione contraria rispetto a quello che milioni di persone e migliaia di piazze hanno chiesto: il Green New Deal si è spesso tradotto in incentivi alle aziende per abbattere le proprie emissioni, le grandi multinazionali hanno continuato ad inquinare ed Eni addirittura è riuscita a garantirsi il fatto che sarà lei a formare i docenti che insegneranno educazione ambientale nelle scuole.
Queste misure sono insufficienti e non abbiamo più tempo da perdere: gli eventi degli ultimi anni, tra cui anche la pandemia di Covid-19, ci hanno mostrato che i cambiamenti climatici hanno un impatto devastante sulle vite di tutte e tutti noi. Il tempo continua a scorrere e non ci rimane molto più tempo per invertire la rotta e salvare il pianeta; per farlo abbiamo bisogno di un ripensamento e un cambio radicale del nostro modello di sviluppo, bisogna pensare a un mondo che superi i combustili fossili e lo stile di vita iper-consumista al quale siamo stati abituati e indotti, dobbiamo cominciare a pensare alle persone prima che ai profitti e agli interessi del pianeta e di tutti prima che a quelli di una piccola elité finanziaria (l’ultimo report OXFAM ci dice come l’1% più ricco inquina quanto il 50% più povero).
In questo momento abbiamo la possibilità per fare realmente questo cambio di rotta; i soldi del Recovery Fund rappresentano una risorsa che il nostro paese non può perdere per avviare la riconversione ecologica e costruire l’Italia del futuro. Quei soldi devono servire non a finanziare e incentivare grandi aziende e multinazionali, come vorrebbe Confindustria, ma devono essere investiti per la riconversione dei posti di lavoro inquinanti in altri ambientalmente sostenibili, per avere trasporti ecologici e capillari che permettano di abbattere l’utilizzo delle automobili, per superare la dipendenza dai combustili fossili, per finanziare scuola, università e ricerca, affinché diventino i luoghi dai quali parte la rivoluzione verde e la costruzione del mondo del futuro, che quei soldi vengano investiti per ricostruire quella sanità del territorio che è mancata nei mesi peggiori della pandemia.
Per tutti questi motivi venerdì saremo in piazza, perché ancora una volta, tutte e tutti insieme vogliamo costruire il mondo del futuro e vogliamo che si cominci a farlo da subito, a partire dal 15 ottobre quando l’Italia dovrà presentare le prime bozze di spesa per il Recovery Fund: “gli occhi delle future generazioni sono su di voi e se decidete di ignorarci non vi perdoneremo mai!”
RECOVER(Y) THE PLANET, LOTTA PER IL FUTURO!