Contro la crisi vogliamo Priorità alla Scuola

Dove credete di andare? Dove ci avete portati?

Sono ormai 30 anni che il mondo della conoscenza viene continuamente sottofinanziato con il pretesto di “essere rimodellato in maniera più funzionale”, attuando nella pratica tagli sistematici voluti non solo per risparmiare sulla spesa pubblica ma per giungere alla costruzione di un sistema didattico differente ben delineato, per rendere il mondo della conoscenza ininfluente nella società e succube degli interessi del mercato.Nonostante i numerosi cambiamenti di governi, anche di fazioni opposte, la visione e le prospettive nella società sul mondo della conoscenza non sono cambiate ed in questo le parole dei decisori di turno hanno sempre fatto trasparire, volutamente o per inerzia, la pressione reale e non solo istituzionale del modello di sviluppo su cui in questo momento basiamo le nostre economie e che ora come in passato tende a costruire una strada funzionale a quegli scopi di versatilità e profitto ai quali questo modello punta.

Questo ci serve a capire che le condizioni materiali all’interno del quale ci troviamo oggi non sono il risultato casuale di un susseguirsi di contingenze economiche o di semplice incuria da parte delle istituzioni ma che se ad oggi le nostre scuole e le nostre università versano in questo stato vi è una precisa responsabilità politica. Siamo arrivati a questo punto perché qualcuno ha voluto che ci arrivassimo, non perché ci siamo smarriti. Vi è una decisa volontà politica di mantenere la scuola in queste condizioni in modo tale da poter rendere “necessario“ un solo modello di sapere, dove la cultura è una merce.

Viviamo da lungo tempo una crisi gravissima dei luoghi del sapere, sappiamo bene che più della metà degli edifici scolastici risultano non a norma o con comprovati rischi di sicurezza (strutture, certificazioni anti incendio etc…), gli spazi non sono adeguati per la didattica, l’abbandono scolastico non viene percepito come un problema e l’accesso all’istruzione universitaria non è considerato un elemento importante nella filiera formativa. Il precariato dei docenti e del personale è ad oggi un pilastro su cui la scuola si basa per colmare dei problemi strutturali che negli anni non sono mai stati sanati, inoltre  la scuola pubblica ad oggi ti insegna che se qualcosa è pubblico vuol dire che è poco efficiente e che senza delle spese accessorie che le famiglie si vedono costrette ad affrontare si rischia di restare indietro: ad oggi il 30% dei fondi a cui attingono le nostre scuole sono derivate dal contributo volontario, mentre per gli studenti universitari la cifra che ogni studente ogni anno spende aumenta sempre di più.

Ad oggi la scuola è fatta di precari perché così dovranno essere gli studenti quando ne usciranno: le condizioni didattiche rendono difficile costruire coscienze critiche perché è così che si vuole costruire dei futuri lavoratori inconsapevoli, i fondi pubblici sono sempre meno perchè così si potrà svendere tutto ai privati che facendo loro il prezzo piegheranno la conoscenza alle loro esigenze.

In questo quadro già complesso si va ad aggiungere la crisi del coronavirus che ha creato una situazione di “emergenza nell’emergenza” con docenti e studenti che si sono dovuti piegare a compromessi pesantissimi non solo per quella che è stata la DAD ma per le condizioni a cui siamo arrivati ad affrontarla, con almeno un terzo degli studenti che ha avuto difficoltà ad accedere agli strumenti necessari, con docenti che si sono spesso trovati impreparati e senza strumenti in una situazione inedita. Ora il prospettato “ritorno alla normalità” si annuncia come l’ennesimo fardello che poggerà sulle spalle di studenti e docenti, con molti fondi che sono stati stanziati ma che non andranno a risolvere i problemi strutturali del nostro sistema d’istruzione.

Per questo ci chiediamo come la politica ha ridotto la scuola e il sistema d’istruzione e soprattutto come pensano che noi siamo ancora disposti ad accettare tutto questo; adesso non ci stiamo più, non solo come studenti ma anche come docenti, precari, personale ATA, dirigenti scolastici e genitori, noi vogliamo PRIORITÀ ALLA SCUOLA  per costruire una cultura libera dalle logiche del mercato e scuole diverse per costruire mondo diverso e un futuro migliore.

Chi vuole dare Priorità alla Scuola?

Siamo le studentesse e gli studenti che ogni giorno attraversano le scuole e le università di questo paese vivendo sulla propria pelle le condizioni difficili e le costrizioni a cui il definanziamento dell’istruzione e questo sistema ci hanno portato, siamo i docenti che ogni giorno lottano per mantenere in piedi una filiera formativa al collasso, siamo i precari che non vedranno mai una stabilizzazione del loro ruolo ed il personale ATA che da anni è ridotto a ruoli di operaismo per evitare la disintegrazione di un tessuto amministrativo mai realmente ben normato e che con le proprie mani cerca di tenere insieme strutture enormi ad organico ridotto, siamo tutte le madri e i padri che non sanno come permettersi di continuare un lavoro perchè gli asili hanno finito i posti e quelli privati costano troppo.

Veniamo da tutte le esperienze che in questi anni hanno denunciato questo sistema lottando per costruire un’alternativa, veniamo dai collettivi delle scuole, dal movimento, dai sindacati o ci siamo attivati semplicemente perché abbiamo la necessità di non stare più in silenzio davanti allo sgretolarsi del mondo del sapere.

Il movimento che stiamo creando comprende ogni tipo di esperienza e per la prima volta tiene dentro tutti i lavoratori e le lavoratrici della filiera formativa con gli studenti e le famiglie, perché per pensare ad una scuola diversa, ad una società diversa, tutti e ciascuno di noi è indispensabile e solo tramite l’unione in questa lotta di tutte le componenti della scuola e dell’istruzione possiamo costruire un fronte forte e compatto che ci permetta di modificare la situazione attuale.

In questo modo possiamo avere la forza di pensare il mondo in cui vogliamo stare e un mondo del sapere diverso, mettendo in pratica strumenti e pratiche nuove in ogni assemblea, in ogni cogestione, in ogni collegio docenti ed in ogni ateneo.

Non ci sottraiamo al confronto con le istituzioni ma il nostro obiettivo è chiaro e non siamo disposti a fare passi indietro. Tutti insieme siamo più forti proprio perché possiamo ragionare in ottica di filiera formativa, così come non era mai stato prima, ragionando in modo completo su quello che deve essere il percorso formativo di uno studente ed il ruolo didattico di ogni lavoratore della cultura, in modo tale da pensare l’alternativa mettendola in atto in ogni lezione ed in ogni momento, formando davvero un’alternativa generazionale a questo mondo.

Vogliamo costruire l’alternativa contro la crisi

L’istruzione rappresenta un fattore fondamentale nel combattere la crisi ed è un elemento cruciale per il rilancio del paese e per costruire un futuro diverso. Per questo è necessaria una riforma complessiva di scuola e università, che passa dal rivoluzionare radicalmente il nostro modo di concepire la didattica, che non deve più essere frontale ma sempre più partecipata, che parta necessariamente dalla concezione e costruzione di nuovi spazi: dobbiamo costruire luoghi che non siano solo “a norma” ma scuole e atenei che siano un tutt’uno con l’attività didattica che vogliamo fare. Certo una scuola deve essere bella, ma gli spazi non possono più essere concepiti solo come “classi” ma come luoghi nei quali praticare attività nuove e realmente innovative. Il concetto stesso di classe e gruppo didattico va ripreso e rivisto: come un gruppo riesce a creare e ad essere propedeutico alla conoscenza per ogni elemento valorizzando ciascuno per le proprie qualità, creando collaborazione, non competizione, così anche come ciascuno riesce a dare qualcosa al gruppo e come riusciamo a costruire modelli didattici in cui chi ha difficoltà riesce effettivamente a intraprende e vincere una sfida con se stesso e imparare non solo una nozione ma un elemento didattico che in mille modi potrà utilizzare nella propria esperienza di vita.

Dobbiamo porre fine al modello delle lezioni frontali: perché il docente non deve essere un ripetitore di nozioni ma un vero e proprio educatore che crei e renda fruibile a tutti la conoscenza fungendo da facilitatore per la classe. Le materie possono essere affrontate in mille modi diversi e sicuramente vogliamo che scompaia la pratica ormai consolidata di trattare tutto a compartimenti stagni come se i vari reparti della conoscenza non fossero comunicanti.

Nella scuola che vogliamo e nella società nella quale realmente si da priorità all’istruzione è necessario che a tutte e tutti venga garantito il diritto a studiare, non solo come elemento di democraticità rispetto alla costituzione del nostro paese ma nell’ottica di formare le generazioni che nei prossimi anni formeranno la futura classe lavoratrice e dirigente e che avranno il compito di ricostruire un mondo devastato dalle crisi economiche e ambientali. Per questo a tutte e tutti coloro che entrano a scuola devono essere garantiti i materiali scolastici, dai libri agli oggetti tecnologici, devono essere garantiti trasporti efficienti e gratuiti, così come borse di studio, a ogni grado d’istruzione, mentre per quanto riguarda l’università si deve puntare a un aumento dei beneficiari di borse di studio e posto alloggio garantendo il libero accesso agli studi, che in questo momento di crisi vuol dire la gratuità dell’università.

Per noi è necessario rivedere il modello di filiera formativa all’interno del nostro paese, costruendo cicli scolastici non sulla base delle necessità economiche dettate dal mercato ma in base alle aspirazioni di ciascuno, andando a ristrutturare questo sistema dalle scuole d’infanzia fino alle università, in maniera complessiva, per garantire finalmente a tutte e tutti il diritto a un’istruzione libera. Hanno ad oggi senso degli indirizzi visti in modo così standardizzato alle superiori? Le scuole medie sono sufficienti a garantire percorsi formativi di qualità? Le scuole materne e gli asili nido di quanto tempo necessitano al giorno per costruire un’azione pedagogica sufficiente? Le nostre università come possono essere realmente al servizio della collettività e della ricerca garantendo l’interesse del pubblico senza diktat da parte delle aziende private?

Ad oggi viviamo in un mondo fatto di scuole di serie A e di serie B, centro e periferie, tecnici e professionali, università e accademie, come a voler creare già dalla scuola una divisione netta di ruoli e compiti, individuando chi avrà potere di gestione sui processi politici ed economici nel nostro paese e chi invece questi processi dovrà subirli, dovendosi adattare ad un mondo fatto di precarietà e assenza di tutele: ne è una prova è il fatto che sono moltissimi gli studenti degli ITIS e dei professionali che non scelgono un percorso accademico per esempio o ancora il fatto che le accademie non vengano considerate nei fatti istituti d’istruzione superiore e le studentesse e gli studenti che decidono di affrontare questi percorsi vengono lasciati soli ad affrontare carenze strutturali e nella didattica spesso insormontabili.

Queste condizioni di svantaggio e assenza di diritti non le vivono solo le studentesse e gli studenti con le loro famiglie ma anche i docenti, che si trovano spesso a trasferirsi da una parte all’altra d’Italia sottostando al precariato permanente e gli ATA, che ad oggi in quasi tutte le scuole d’Italia si ritrovano sotto organico. La formazione dei docenti e la loro ammissione deve essere regolata, tutti i precari devono essere stabilizzati: questa non è solo una decisione amministrativa ma un tema che coinvolge la vita di migliaia di persone ed il futuro della nostra istruzione nel paese.

Per questo diventa vitale tornare a dare realmente Priorità alla Scuola, contro chi ci ha volutamente portato a questa situazione di consapevole degrado, per la scuola, per il mondo dei saperi, per la cultura del nostro paese e per costruire una società ed un modo più giusto.

Una riforma dal basso per costruire una scuola diversa

Tutto questo per noi studentesse e studenti si traduce in una reale necessità di cambiamento, nella volontà di combattere una battaglia che insieme ci porti a sfidare governi ed istituzioni per ottenere una revisione di tutta la filiera formativa e del mondo della conoscenza.

Revisione dei cicli scolastici, una didattica innovativa, moderna e non frontale, nuovi criteri e modalità di accesso all’insegnamento, il ritorno a un finanziamento di almeno il 5% del Pil per l’istruzione, investimenti sulla ricerca e sul diritto allo studio, garantire la gratuità dell’università e il libero accesso ad essa sono solo alcune delle nostre richieste che in questi mesi abbiamo portato avanti e che venerdì 25 nelle città e sabato 26 settembre a Roma rivolgeremo al governo e alla politica tutta.

Senza un cambiamento radicale del sistema non usciremo mai dalla crisi che si è abbattuta e continua a colpire il mondo della conoscenza nel nostro paese, una crisi che impoverisce tutti noi e che porta ogni anno migliaia di giovani a emigrare e migliaia di luoghi della cultura e del sapere a chiudere. Tante di queste rivendicazioni sembrano lontane e irraggiungibili ma non solo non è così ma sono passi necessari e fondamentali per il rilancio e il futuro del nostro paese.

La nostra forza viene da tutte le lotte che in questi anni ciascuno ha affrontato per chiedere una didattica migliore, per mandare i propri figli a scuola e per continuare ad insegnare nonostante le molte difficoltà. È da anni che la scuola viene “ ritoccata” andando verso una direzione neoliberista utile solo al mercato ed ora è finito il tempo di tergiversare, tutto il mondo della conoscenza chiede a gran voce una riforma discussa e costruita secondo le necessità di chi l’ha vissuta e di chi sono anni che costruisce proposte inascoltate e non attuate per colpa di una generica “mancanza di fondi”: questa retorica non ci inganna più e proprio adesso che una crisi ancora più grave di quella del 2008 si avvicina siamo qui a dire che se non si costruirà un modello diverso il disastro sarà inevitabile e ci ritroveremo in un paese vuoto, dove il mondo della conoscenza sarà a servizio e a uso e consumo dei privati.

È il tempo che chi ci ha portato a questo punto riveda la propria posizione, smettendola di arrampicarsi sugli specchi e di trovare scuse in un momento nel quale fondi per investimenti strutturali ci sono. Siamo le giovani generazioni di questo paese, siamo i lavoratori e precari di scuola e università, siamo le famiglie preoccupate per l’istruzione dei propri figli e adesso non solo vogliamo risposte ma azioni concrete che vogliamo costruire anche noi: vogliamo che venga data finalmente Priorità alla Scuola e all’istruzione tutta!